L’Unione Europea presenta il piano per il rilancio dell’industria europea dell’auto. Il settore vale il 7% del pil dell’Ue e dà lavoro a 40 milioni di persone in via diretta e indiretta, ma è finito sotto stress per colpa della concorrenza cinese, del costo elevato dell’energia e della transizione verso l’elettrico. Il piano dell’Ue si concentra su cinque aree: innovazione, mobilità pulita, competitività e catene di approvvigionamento, competenze e parità di condizioni.
Il commissario per il Trasporto, Apostolos Tzitzikostas, ha parlato anche dei fondi che l’Ue stanzierà per rilanciare l’auto europea. Il piano al momento non prevede risorse fresche, ma assicura fino a 50 miliardi con InvestEu per le tecnologie e la mobilità pulita. Altri 1,8 miliardi arriveranno dal fondo per l’innovazione per le batterie, che si aggiungono ai 3 miliardi già stanziati. Ancora 1 miliardo è previsto da Horizon Europe per i veicoli automatizzati, mentre 570 milioni saranno investiti per l’infrastruttura e i punti di ricarica.
Spinta sulla guida autonoma
La prima area di cambiamento riguarderà l’innovazione. L’Ue rafforzerà la ricerca e lo sviluppo per prendersi la leadership sui veicoli autonomi e connessi all’AI. «Nessun Paese ha un programma completo sui mezzi automatizzati, ma Cina e Usa sono più avanti di noi», spiega Tzitzikostas. «Per recuperare sfodereremo una delle nostre forze principali: il mercato unico. Armonizzeremo le legislazioni nazionali e creeremo un’alleanza sui veicoli connessi e automatizzati, che si concentrerà sui software e i dispositivi interni».
Multe rinviate di tre anni
La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, aveva già annunciato il rinvio di tre anni delle multe sulle emissioni di Co2, che sarebbero scattate già a fine 2025. Il commissario al Trasporto ha ribadito che non ci saranno passi indietro sui target fissati per il 2035, anno in cui non sarà più possibile immatricolare auto a combustione in Europa, perché regole chiare «daranno certezza sul lungo tempo». Ma servirà pragmatismo viste le difficoltà del settore, quindi «le aziende potranno calcolare la media delle loro prestazioni su un periodo di tre anni».
Chi non rispetterà i limiti previsti per il 2025 «dovrà però compensare nei due anni successivi, se invece farà meglio del richiesto avrà minore pressione nel 2026 e 2027». Prima della modifica le case automobilistiche avevano messo in piedi dei «pool» per condividere le emissioni. I primi li hanno creati Stellantis, Toyota, Ford, Subaru e Mazda, pronte a comprare i crediti di Tesla, e poi Mercedes Benz con i tre marchi della cinese Geely (Smart, Volvo e Polestar). Ma ora il rinvio di tre anni potrebbe rendere questi strumenti non più necessari, anche se ad esempio Stellantis ha confermato che il suo pool rimane in piedi.
Spazio alle nuove tecnologie
Tzitzikostas ha promesso inoltre un’accelerazione dei lavori per rivedere il Regolamento sulle emissioni di Co2, che «si svolgeranno nel primo e nel secondo trimestre del 2025 e non nel 2026 come previsto in precedenza». Il commissario ha aperto anche all’uso di nuove tecnologie a emissioni zero per non limitare la mobilità futura solo all’elettrico. «I carburanti sintetici hanno un ruolo da giocare nel garantire la neutralità climatica. Valuteremo se altre tecnologie, come gli e-fuels, potranno avere un ruolo». Un messaggio importante per Paesi come l’Italia che puntano sui biocarburanti.
L’Ue proverà ad innovare anche con il contributo delle case extra-europee. «Non bandiremo gli investimenti esteri», rivela il commissario. «Ma imporremo delle condizioni per far sì che avvantaggino la nostra industria con joint venture, accordi di condivisione di tecnologia o imponendo una catena di approvvigionamento locale».
Revisione del regolamento più rapida
Tzitzikostas ha promesso inoltre un’accelerazione dei lavori per rivedere il Regolamento sulle emissioni di Co2, che «si svolgeranno nel terzo-quarto trimestre del 2025 e non nel 2026 come previsto in precedenza». Per centrare gli obiettivi del 2035 sarà utilizzato un approccio neutrale sulla tecnologia, così nel riesame sarà valutato – tra gli altri – anche il ruolo degli e-fuel.
L’Ue proverà ad innovare anche con il contributo delle case extra-europee. «Non bandiremo gli investimenti esteri», rivela il commissario. «Ma imporremo delle condizioni per far sì che avvantaggino la nostra industria con joint venture, accordi di condivisione di tecnologia o imponendo una catena di approvvigionamento locale».
Spinta sulle flotte elettriche e sulle colonnine
Per permettere alle case automobilistiche di rispettare i target bisognerà stimolare la domanda di veicoli elettrici, che a oggi rappresentano solo il 15% delle vendite dell’Ue. Per riuscirci si partirà con le norme sulle flotte aziendali, che sono il 60% di tutte le nuove immatricolazioni, per facilitare il loro ingresso sul mercato.
La Commissione ha anche chiesto agli Stati di considerare degli incentivi per i veicoli a zero emissioni e di creare norme apposite per taxi, servizi di car sharing e per incoraggiare le aziende di noleggio a usare auto elettriche. Uno sforzo maggiore sarà fatto sui punti di ricarica. «Non possiamo chiedere di comprare mezzi elettrici se non forniamo le infrastrutture necessarie», chiarisce il commissario. «Oltre a stanziare 570 milioni per questo obiettivo, presenteremo delle raccomandazioni vincolanti per accelerare i collegamenti alla rete e velocizzare i permessi».
Focus sulle batterie
Dopo la mobilità pulita il terzo punto del piano riguarda la competitività e si concentrerà sulle batterie, «che rappresentano il 30/40% del valore di un’elettrica in media», dichiara Tzitzikostas. «Si tratta di una componente essenziale per la competitività dell’industria dell’auto europea e per l’occupazione. L’Ue deve avere una propria catena di approvvigionamento e produrre da sola le batterie. Quindi chiederemo che una parte dei componenti sia costruito in Europa e creeremo un centro per le materie prime critiche, in modo da facilitare l’accesso ai materiali a basso costo».
Via agli accordi di libero scambio
Il piano si occupa infine di competenze e parità di condizioni. «La nostra forza lavoro invecchia e alcuni stabilimenti rischiano di chiudere. Ecco perché in futuro dovremo formare i dipendenti con competenze digitali», spiega il commissario. Inoltre, «un osservatorio per la transizione e l’equità seguirà le tendenze occupazioni del settore e preparerà dei piani di sostegno per prevenire i problemi. Aiuteremo poi le aziende che si ristrutturano per evitare licenziamenti».
Per garantire invece parità di condizioni nell’accesso al mercato e alle materie prime l’Ue utilizzerà strumenti di difesa commerciale, come le misure anti-sovvenzioni, che proteggeranno le imprese europee dalla concorrenza sleale. «Punteremo anche sugli accordi di libero scambio e sui partenariati internazionali, ad esempio con Paesi come l’India», afferma Tzitzikostas. «Faremo sì che i prossimi veicoli elettrici siano costruiti da noi e che l’innovazione resti in Europa e si riducano i rischi sulle catene del valore».
Critiche da partiti e associazioni
Non tutti hanno apprezzato, anche per l’entità delle risorse. «Chi conosce le regole del settore sa che questi soccorsi servono a poco», commenta il presidente di Federauto, Massimo Artusi. «Ci si chiede quali effetti possa produrre un piano che supporta il prodotto meno interessante per il mercato (l’elettrico), al di là del limitato sostegno finanziario alla produzione europea delle batterie».
Bocciatura netta anche dai partiti europei. «Il piano Ue si mostra fin dalle prime battute come una goccia nell’oceano», afferma Benedetta Scuderi, europarlamentare dei Verdi. «Innanzitutto a causa delle risorse previste e poi per la direzione intrapresa, assolutamente poco chiara. Dal nostro punto di vista questo piano non potrà avere altri effetti se non quello di portare a una situazione di assoluta incertezza».
Poco convinto anche il Ppe: «Abbiamo perso l’occasione di fare chiarezza sul divieto di motori a combustione dopo il 2035». Mentre il dg dell’ Acea, Sigrid de Vries, è più ottimista: «La flessibilità proposta sulle emissioni è un primo passo verso un approccio più pragmatico alla decarbonizzazione». (riproduzione riservata)
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