Il barometro economico segna «tempesta»: le imprese si attrezzino


Mala tempora currunt dicevano i latini. Queste sembrano le previsioni più attendibili sulla qualità del futuro del nostro ambiente economico nazionale e regionale. Le fonti che invitano le imprese a rinforzare gli ormeggi sono disparate e tutte suffragate anche dalle semplici aspettative delle imprese stesse costantemente monitorate attraverso l’indice di fiducia in costante picchiata.

L’occasione per fare il punto della situazione ci è offerta da due diversi contributi: il report semestrale dell’Osservatorio Unioncamere Crisi d’Impresa e l’ultimo report di Allianz Trade sul rischio di default delle imprese.

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Il primo ci offre una fotografia di quello che è stato l’andamento del 2024, il secondo anche una stima del rischio futuro. L’Osservatorio sostanzialmente registra una significativa crescita del ricorso alla Composizione Negoziata da parte delle imprese per gestire le proprie crisi; sia in termini di incremento rispetto al 2023, essendo cresciute di oltre l’80%, sia in termini di incidenza rispetto alle alternative scelte dalle imprese.

In pratica sembra che lo strumento della Composizione Negoziale stia iniziando a prendere piede fra le imprese e i professionisti che le assistono per cercare di risolvere i problemi.

Si sta conoscendo meglio lo strumento, ma soprattutto, a dispetto di quanto si era pensato nei primi tempi, vi fanno ricorso le imprese più grandi e strutturate. Quelle imprese che per cultura manageriale hanno istituito al proprio interno i cosiddetti «adeguati assetti amministrativi» per poter cogliere al volo i primi segnali di crisi e poter intervenire tempestivamente. Purtroppo lo stesso Osservatorio registra, dall’analisi delle Note Integrative depositate da oltre 660 mila imprese, che solo il 3,5% delle stesse, solo 22.806, hanno dichiarato di averlo fatto.

E allora non c’è da stupirsi se la qualità delle istanza di accesso alla Composizione Negoziata di tante piccole imprese sia tale da mettere in imbarazzo anche l’esperto di turno nominato; non ne parliamo dei creditori.

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Ne ho contezza diretta in diverse situazioni in cui sostanzialmente il ricorso alla Composizione Negoziata non è altro che la porta di accesso al Concordato Semplificato, molto più light di un mero concordato liquidatorio. Non è un caso che anche i concordati semplificati aumentano mentre calano percentualmente i concordati preventivi e restano sostanzialmente stabili gli Accordi di Ristrutturazione dei debiti.

Ma la nota dolente è l’impennata delle liquidazioni giudiziali, i «vecchi» fallimenti, che aumentano di circa il 20% rispetto al 2023. E guarda caso la dimensione media dell’impresa che muore è più piccola sia in termini di fatturato, circa 1 milione, che di addetti, circa 6.

Ancora una volta è la prova che piccolo è bello purché sia adeguato; anche il piccolo deve sapersi organizzare perché altrimenti non solo avrà difficoltà a reperire fonti di credito durante la vita aziendale ma non saprà gestire l’azienda quando il vento cambia.

Eppure gli strumenti ci sono e anche il sistema bancario si mostra disponibile ad assistere le imprese che vogliono ristrutturarsi seriamente; tant’è che nell’ambito del Tavolo di coordinamento con le Associazioni d’impresa (cosiddetto Tavolo CIRI) in collaborazione con gli attori della Garanzia Pubblica – Fondo Centrale di Garanzia, Ismea e Sace – sono state elaborate le Linee Guida che devono seguire le imprese per poter ottenere dalle banche supporto anche in momenti di crisi.

Ma bisogna attrezzarsi seriamente e le imprese sembrano non averlo ancora compreso. Purtroppo anche il futuro, e passiamo al secondo paper citato, quello di Allianz Trade, non sembra promettere nulla di buono. Il tasso di default, che misura la probabilità di interruzione dell’attività di impresa ad un anno, sale del 45% rispetto all’incremento del 9% registrato nel 2023. I settori più colpiti sono quello edile, manifatturiero, commercio ed ospitality.

Nel 2024 sono state dichiarate insolventi circa 12 mila imprese contro le circa 8.200 dell’anno precedente; e questo numero è visto in ulteriore crescita nel 2025 e 2026. In pratica il tasso di default crescerà ininterrottamente dal 2022 fino al 2026; un lustro di fuoco post pandemico. Le cause sono esogene, macroeconomiche e settoriali; ma anche endogene, sottocapitalizzazione e inadeguatezza. E l’inasprimento dei criteri di concessione del credito, su questo stato delle cose, diventa una miscela esplosiva che fa deflagrare il sistema delle piccole imprese.

Il tempo della organizzazione non è più rinviabile; bisogna imparare a condurre le imprese in modo più al passo con i tempi e le relative esigenze. Lo devono comprendere e voler fare le imprese e lo devono saper fare tutti gli interlocutori delle stesse: professionisti, finanziatori, garanti come i confidi. È arrivato il tempo che chi assiste le imprese si «sporchi le mani» e passi dal dire come fare al fare insieme alle imprese stesse; ma queste, le imprese, lo devono permettere. L’alternativa sarà scimmiottare il ricorso alla Composizione Negoziata per dissimulare una liquidazione e non una continuazione di impresa. Non una bella prospettiva.



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